Ormai
fra gli scaffali è diventato impossibile, vince il grande business, lo
scompiglio. Per il consumatore è sempre più difficile capire e orientarsi.
Eppure, in Italia, una famiglia consuma mediamente 12-13 litri di olio
all’anno, a differenza degli ateniesi - per esempio - che ne consumavano circa
60 litri a testa, utilizzandolo per molteplici esigenze. La
réclame - probabilmente - ha avuto un ruolo fondamentale nel dirottare le
dinamiche degli acquisti e anche del gusto dei consumatori, che hanno sempre di
più trovato l’olio extravergine di proprio gradimento a prezzi sempre minori.
Le grosse multinazionali hanno trovato le giuste e accessibili strade e gli
strumenti che gli hanno permesso di non preoccuparsi più di tanto della qualità
del prodotto ma della quantità. La deodorazione, per esempio, permette di
eliminare grossi difetti ad un olio non commestibile, con semplici accorgimenti
fisici e meccanici (non chimici, e quindi autorizzati a mantenere
sull’etichetta “ottenuti meccanicamente”) ma che non può essere
commercializzato come extravergine, a meno che non viene miscelato con una
quota percentuale di extravergine. Come si legge anche dal libro “Cibo
Criminale”, la maggior parte degli olii in commercio deriva da miscele di oli
di provenienza diversa (comunitaria di solito) che con l’aiuto della chimica
vengono resi aderenti al gusto del consumatore finale.
Una
indagine condotta da Unaprol ha messo in evidenza che in Italia produrre un
litro di vero olio extravergine, con tutte le caratteristiche organolettiche,
chimiche e salutari, costa mediamente 5 euro. Questo importo, sommato ai costi
aggiuntivi di confezionamento, etichettatura etc. ci fa rendere conto che una
bottiglia di vero extravergine non può costare meno di 6 euro.
Fatta
questa breve premessa mi preme fare anche una considerazione: io personalmente
preferisco olii con amaro e piccante deciso, forti e determinati purché
armonici. Noto però che il consumatore preferisce olio dolce, tipico gusto del
passato, tipico dell’olio cattivo, dalla sensazione vellutata al palato, senza
amaro e piccante, fatto con olive mature.
E
quindi? Dobbiamo condannare il consumatore che preferisce olio dolciastro? Non
credo. Ognuno è libero di scegliere l’olio secondo il proprio gusto e piacere. E
non mi sento di condannare nemmeno le
multinazionali o i grandi marchi che fanno il proprio lavoro, comunque nel
rispetto delle Leggi e cercando di accontentare il gusto ed il piacere del
consumatore finale.
Il
“problema” sta nel riconoscere il motivo per il quale il consumatore preferisce
l’olio dolciastro all’olio con altre peculiarità, quello che “noi” chiamiamo
vero extravergine. Evidentemente non apprezza, perché non correttamente
informato e fondamentalmente bisognoso di conoscere la giusta strada. L’assaggio
per la consapevolezza.
Leggo
sconcertato su alcune riviste o in internet: cosa può fare il consumatore per difendersi? Ma
signori, difendersi da cosa, non si deve difendere da niente il consumatore!
Non esageriamo, non siamo drastici e soprattutto non diamo informazioni che
destabilizzano e creano ancor più confusione nella testa di chi non ha cultura
di prodotto.
Il
consumatore dunque, si sente sempre più disorientato, ed è giusto - secondo me
- che sia aiutato. Cosa fare concretamente? Intanto, mentre attiva il suo
interessamento al mondo dell’olio per comprendere bene le peculiarità e le
qualità del vero extravergine, può scegliere oli che detengono marchi di
qualità come DOP o IGP, olii prodotti con olive coltivate in una specifica area
e che rispettano un disciplinare di produzione molto restrittivo. E poi sono
garantiti da Enti di certificazione terzi che effettuano controlli su tutte le
fasi di produzione, quindi sono tracciati. Con questi il consumatore può stare
molto più tranquillo.
Sarà
il tema della prima giornata di Buonolio Salus Festival, un dibattito pubblico sull’olio del Matese, che può
trovare la propria forza propulsiva solo a partire dal riconoscimento della
propria identità, l’indicazione geografica protetta. L’IGP.
Nessun commento:
Posta un commento