Il valore invisibile dell'olio autentico

Il più antico testimone del mondo è l'Ulivo, su questo dobbiamo essere d'accordo e non si può prescindere la sua importanza. Nel tempo, nella storia, ha unito genti, ne è stato l'elemento centrale e spirituale per millenni ed il suo olio estratto dai frutti ha nutrito e curato interi popoli. È stato elemento di salvezza. L'Italia ha sempre riconosciuto un grande valore a questo albero, tanto che dal 5 maggio 1948 diventa simbolo di pace della nazione nell'emblema della Repubblica italiana.

L'Italia ha il più grande patrimonio di biodiversità, con più di 500 cultivar diverse che esprimono una grande bellezza e richiedono un grande gesto da parte di tutti gli italiani: quello di tutelare questo grande patrimonio. Gli ulivi, come la vite, caratterizzano fortemente il paesaggio, sono motivo di attrazione turistica (lo potrebbero essere molto di più) e sono responsabili di quel sentimento di meraviglia che colpisce i visitatori quando si trovano davanti esemplari centenari o millenari.
 
Ma paradossalmente l'ulivo è oggi l'albero a cui non riconosciamo quasi più alcun valore, soffre di abbandono - soprattutto nelle zone montane e nelle aree interne - lasciando spazio alla formazione di boschi che sovrastano tronco, foglie e frutti, seppure le cime lottano per restare sempre più alte alla ricerca di un po' di luce per non morire. Li vedo e soffro con loro, insieme ad una sensazione di impotenza e di pena. Perchè non conviene coltivarli, non conviene neppure estrarre l'olio per venderlo, non si trae un reddito modesto da quegli alberi. Ormai l'olio "democratico" sta prendendo il posto di quello "autentico" ed il merito è di chi non ha saputo raccontare e dare il giusto valore a quest'ultimo. La differenza fra i due oli da olive è abissale, seppure si chiamano tutti e due "extravergine", ed il consumatore tendenzialmente sceglie quello democratico  per due motivi: il primo è l'incultura sul prodotto e il secondo è di natura economica, di convenienza. Ed è assolutamente inutile continuare come matti ad urlare contro gli oli a basso prezzo o contro il superintensivo o contro gli altri paesi emergenti nel settore olio da olive se non facciamo capire a tutti che l'olio italiano ha un valore diverso. E spiegarlo quel valore, farlo comprendere, creare quel senso di appartenenza per diminuire l'indifferenza, far percepire che acquistando una bottiglia di olio da olive italiano si partecipa ad un percorso di tutela e valorizzazione della propria terra.

Ci sono delle cose immateriali e invisibili, che hanno un valore anche più grande dell'olio stesso e che arrivano prima di tutto: il sacrificio, la tutela del paesaggio, le difficoltà dovute alla conformazione del territorio o alla gestione degli alberi secolari e millenari, la gestione degli uliveti di montagna e il paesaggio che generano, il rischio. Insomma, la custodia di un patrimonio non è cosa semplice e deve essere riconosciuta, presa in considerazione, presi in considerazione tutti gli aspetti che fanno aumentare i costi di produzione rispetto agli altri. Perciò noi possiamo parlare di olio autentico, di autenticità, di cultura, di poesia, di territorio. Diverso, seppure comprensibile, è un paesaggio lineare, con ulivi giovani e allevati in forma intensiva e superintensiva dai quali si producono oli da olive dai costi di produzione molto bassi. Si tratta di un paesaggio bello e triste nello stesso tempo.

Ora, se i consumatori e gli avventori in genere non sono disposti a sostenere, anche economicamente, questa nostra ricchezza e non percepiscono e contribuiscono a mantenere e tutelare il grande valore paesaggistico, l'Italia non ha possibilità di competere con gli emergenti paesi come la California, l'Arabia Saudita o la stessa Spagna del superintensivo. E' incredibile che questi valori e questa ricchezza vengano riconosciuti più dai cittadini stranieri che da noi italiani, loro sono disposti a pagare l'olio per quello che è. Noi no, non lo capiamo.


di Vincenzo Nisio - tutti i diritti riservati

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