C'è chi non si accorge della grandezza di un luogo, di una città.
Perché non ne conosce la storia, il passato, i personaggi, si vive in un posto
come in un altro con indifferenza e questo è solo una banale conseguenza. Una
disattenzione. Si è distratti, presi dal grande cambiamento in atto, dalla
beata involuzione che ci attraversa incontrastata e incontrollata mentre noi,
inconsapevoli e stanchi, ci perdiamo i meravigliosi particolari di cui dovremmo
essere fieri.
Spesso sono i giovani a nutrire questa mancanza, con pacata
indifferenza girano le spalle e diventano cittadini del mondo, lasciando il
proprio luogo, diventando assenti ingiustificati. Ma è un po’ per tutti così,
il proprio paese o la propria città sono talvolta perfetti sconosciuti o nel
migliore dei casi se ne conosce ben poco.
Fare una sintesi perfetta di una città è pressoché impossibile, specie
di una città complessa come Piedimonte Matese: ma farne una, meravigliosa e
imperfetta, è una specie di opera unica nei suoi particolari, nei dettagli che
la compongono. Una città vive, ha una propria identità, una propria lingua, un
proprio DNA, soffre, sorride, si ferisce e può persino morire. Ognuno dovrebbe sentirsi
stimolato a non commettere gesti torbidi, ad avere maggiore rispetto e più
consapevolezza.
Quello di Giovanna Mastrati è un lavoro essenziale, arricchito da testi di valore e pensieri di Gianfrancesco D’Andrea, che dal mio punto di vista
è stato anche sottovalutato da chi ne avrebbe dovuto amplificare la
divulgazione. L'ho riletto in questi giorni, forse con più pacatezza e riflettendo bene sul messaggio che Giovanna ha voluto esprimere, e mi ha
stimolato a scrivere queste poche righe. Vi propongo in lettura la postfazione,
molto intensa, così, giusto per farvi un'idea. Se ne volete copia e desiderate leggere il testo, potete contattare direttamente l'autrice (QUI).
Lo disse, un tempo, il poeta: “Natura non creò più verdi poggi, né
valli più fiorite e colli allegri”. E tu, immenso dedalo di piccoli ponti e
sentieri, quante volte ti sei lasciato percorrere, prima che la tua acqua fosse
rinnegata, le docili anse del tuo fiume coperte, i rivoli gioiosi taciuti per
sempre. Ncoppa Santu Rocco o ncapu
Vallata, mezu u mercatu, o a sandrumminicu, ncoppa santusavastianu, adderete e
tiratoie. Tu sei stata storia di cammini, di scarpe e di piedi scalzi, di
ceste sulla testa, di fresche anfore fra le mani. Il viaggio del tuo immenso
incedere lungo i tuoi quartieri-mondo è stato espressione della tua grandezza,
quando il frastuono di un motore non aveva ancora cancellato la delicata posa
di un passo lungo strade, sentieri, mulattiere.
Così, contadini, operai, artigiani, maniscalchi, tessitori, cardatori,
falegnami, mastri ferrai hanno risalito tratturi e riguadagnato piazze, hanno
sostato su silenziosi sagrati e hanno goduto di saporite fontane, perché loro
ti hanno percorso, nella tua immensità, lenti, a passo cadenzato, cedendo alla
tentazione di muretti in pietra affacciati sulle valli donde contemplare,
ancora una volta, il tuo immenso, consumando un pezzo di pane e mangiando una
mela compiaciuti del belvedere, beandosi del ristoro. C’è chi ha coltivato orti
ritagliati nel dedalo delle viuzze dei borghi, o ha disegnato giardini,
coltivato rose, confidato in quel sole che da mezzogiorno allenta, ancora oggi,
la stretta dei freddi venti dei valloni.
C’è stato qualcuno che h raccolto aranci e mandarini e ne ha poggiato
le profumate bucce sulle stufe a legna delle case, la sera, d’inverno. C’è
stato chi ha vissuto lunghi pomeriggi nel verde mare scosceso degli uliveti
adagiati su prati in distesa; c’è stato chi nei tini ha riposto la preziosa uva
reale; c’è stato chi ha immerso le mani nelle gelide acque dei lavatoi
raccontando le sue storie; c’è stato chi è risalito lungo le montagne dormendo
per mesi in capanne di fortuna. E, per tutti, quel lento incedere ha dettato la
storia, ha raggiunto i luoghi: ncoppa, mezu, adderete, abbasciu.
L’occhio di ciascuno ha saputo osservare, e memorizzare, e
interiorizzare. Per appartenere. Grandezza e ricchezza di una terra prospera,
su cui ti hanno incastonato. Luoghi raggiunti, luoghi posseduti, luoghi tenuti
stretti nel pugno della mano. E, insieme, un grande luogo policentrico,
espressione del tuo immenso. Proprio così. L’immensa Piedimonte.
g.d’a.
di Vincenzo Nisio - tutti i diritti riservati
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