Il DNA di alcuni ristoratori italiani

Sono sempre a scrivere le stesse cose, ma è la prima volta che mi capita una situazione del genere. La battaglia delle Oliere è ancora in corso, e a quanto pare ci troviamo in una confusa mescolanza ideologica, per cui ognuno si sente libero di servire il lubrificante o grasso che preferisce all’interno della sua gastronomia. Non voglio parlare di Leggi, ho già scritto che non c’è Legge che tenga senza cultura, rispetto e senso civico. 

E’ su questo punto che voglio battere il martello, perché non si può entrare in una osteria Toscana e trovare una bottiglia di olio del povero “IGP Toscano scaduta nel 2011 e chissà quante volte rabboccata con il presunto extravergine. 

E per favore, così è peggio delle santissime oliere. E’ solo per ragionarci su, la qualità di un extravergine è un impegno duro e costoso, soprattutto per chi si fregia di un marchio di qualità - rispettando un disciplinare di produzione molto articolato e complesso - per garantire ancora più sicurezza, qualità e certificazione al proprio lavoro, con immenso sacrificio.

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