Impianti superintensivi, perchè in Italia non se ne parla proprio?




Ricevo un messaggio dal dr. Davide Giuseppe Tassielli, via Linkedin, domanda secca: la mia posizione sul sistema di allevamento superintensivo. È uno che ha le idee chiare, sa cosa dice e di cosa si parla. Ho deciso di aprire una discussione sul blog perché mi sembra un argomento interessante e sul quale ragionare in maniera profonda. Anche se, non so perché, in Italia se ne parla davvero poco. E' un argomento oltretutto un po' complesso che merita molta attenzione. Partirei dal "dato" che in Italia si produce pochissimo olio extra vergine rispetto al fabbisogno e infatti importiamo quasi tutto quello che consumiamo, tenuto conto che ne esportiamo anche grosse quantità. Perciò sono - in linea di massima - favorevole al superintensivo, accidenti, è una questione di lungimiranza!
 
I primi impianti sono stati realizzati in Spagna circa 20 anni fa e in Italia sono pochissime le aziende che hanno investito. Chissà perché, considerato che ormai nessun dubbio c’è sulla tecnologia di coltivazione, ormai è consolidata ed ampiamente “utilizzabile”. Ma il superintensivo rappresenta in qualche modo ancora il futuro? In un’ottica di razionalizzazione dei costi di produzione - ad esempio - che con questo sistema si riducono anche del 60%? Anche perché la manodopera, al tempo d’oggi, costa sempre di più e se ne trova sempre meno. Per carità, nessuno vuole interrompere l’Italia dell’olivicoltura paesaggistica, è patrimonio storico-culturale dell’intera umanità e va protetta e valorizzata sempre di più. Però ci sono territori dove questo tipo di impianti si potrebbe immaginare e sono convinto che tale lungimiranza porterebbe molti benefici agli olivicoltori italiani e alla nazione, soprattutto in termini di competitività. Col superintensivo si possono ottenere oli di grande qualità, considerando che le olive vengono raccolte e possono essere trasformate in pochissimo tempo.

Il piccolo produttore probabilmente non penserà mai ad un sistema superintensivo, è giusto che sia così, avrà il suo buon mercato - sempre che sia in grado di crearselo - e magari potrà vendere il suo buon olio ad un prezzo anche maggiore perché prodotto da ulivi secolari, nel rispetto dell'ambiente, a condizioni disagiate e unico perché prodotto da un'unica varietà peraltro autoctona del suo territorio. In Italia però dobbiamo anche decidere se l'olio vogliamo continuare a farlo oppure no, se vogliamo essere leader oppure no, se vogliamo continuare ad essere "piegati" dagli altri Stati membri oppure no. Competizione zero, abbiamo costi di produzione elevatissimi e insostenibili, molti olivicoltori preferiscono abbandonare gli ulivi. Fino ad oggi abbiamo campato di poesia, di chiacchiere, di Made in Italy e di belle parole, ma è bastato poco per essere messi da parte. Insomma dobbiamo decidere se morire o rimboccarci le maniche e trovare una alternativa valida. Noi non dobbiamo diventare la Spagna, neanche a me piace quel paesaggio piatto, potremmo semplicemente integrare il superintensivo o l'intensivo nei territori che lo permettono, magari su terreni incolti o abbandonati. È importante comunque che in Italia si inizino a piantare nuovi ulivi, con sistema intensivo, superintensivo, tradizionale, non importa poi così tanto. Non credo che l'olivicoltura superintensiva sia la soluzione per l'Italia, però credo che sia un sistema da prendere in considerazione. Perché demonizzarlo? E poi, alla fine, l’Italia non sarebbe più costretta ad essere il primo importatore mondiale di olio. E di che olio(!?).

Attenzione però, vediamo anche qualche aspetto negativo del sistema superintensivo.

Considerati gli obiettivi che oggi ci poniamo, il primo aspetto negativo credo sia rappresentato dall'alto impatto ambientale della produzione di massa. Sembra che, come al solito, in Italia arriviamo sempre con netto ritardo. Poi le varietà, oggi quelle più usate sono le spagnole Arbequina e Arbosana e la greca Koroneiki. C'è anche una varietà italiana, la Tosca, ottenuta dal programma di miglioramento genetico dei vivai Attilio Sonnoli di Uzzano (PZ). Poche dunque le varietà che si prestano a questo sistema e dato negativo se consideriamo che oggi si rema verso la produzione di olio extra vergine con spiccate caratteristiche organolettiche e territoriali, cioè legate al territorio da cui provengono. Caratteristiche tipiche, peculiarità uniche e autoctone. Mai sostituire varietà autoctone quindi, mai commettere questo grande errore, la produzione italiana è rappresentata proprio da oli con identità unica e quindi con un valore aggiunto rispetto agli altri oli generici che troviamo sul mercato. Litalia è famosa nel mondo proprio per questo.

Ciò nonostante, ripeto, credo che in Italia ci sia bisogno di aumentare la produzione di olio, e nel caso, prendere in considerazione nuovi impianti superintensivi - con circa 1600 piante ad ettaro - da realizzare in appositi terreni con determinate caratteristiche, credo sia una opzione da valutare. Possibile anche prendere in considerazione gli impianti intensivi con circa 600 piante ad ettaro? Può darsi, è anche una questione economica, ma potrebbe essere il giusto compromesso.

5 commenti:

  1. Visto che il dottore Tassitelli sa cosa dice, che ne pensa del superintensivo?
    Io sono contrario per principio, è un sistema che deturpa l'ambiente e distrugge la biodiversità. Slowfood fa tanto per promuovere la biodiversità e noi la distruggiamo?
    Dottore Nisio, mi dispiace, ma è meglio prendere olio dalla Spagna.

    RispondiElimina
  2. Le mie considerazioni partono da una semplice constatazione: gli investimenti per un superintensivo non sono alla portata di un piccolo coltivatore, laddove per piccolo coltivatore intendo un coltivatore che produca mediamente 500-1000 quintali/anno di olive circa (naturalmente faccio riferimento alla realtà a me più vicina che è quella delle provincia di Bari). Stando così le cose solo grandi aziende possono permettersi il superintensivo, chi sono queste aziende? ,non le nostre cooperative, non sono all’altezza…non le nostre aziende a carattere familiare, troppo piccole, quindi immagino aziende estere (in particolare spagnole) pronte ad investire in Italia, pronte ad accaparrarsi il terreno delle piccole aziende agricole destinate a scomparire…questo sicuramente è un male per l’economia, al Sud si finirebbe con l’essere tutti dipendenti di queste aziende che dopo 15-20 anni, esaurito il ciclo di un superintensivo, dopo avere deturpato il territorio e sfruttato le risorse…. se ne andranno lasciando un mare di cassaintegrati che per un semplice problema di liquidità non potranno riscattare il terreno (divenuto sterile del resto) su cui hanno lavorato: il ripristino del latifondo… io sono per salvare la nostra produzione, le piccole aziende agricole sono una risorsa, non un problema…hanno evitato che al Sud le crisi diventassero tragedia. Queste, sono sole le considerazioni meramente economico-sociali, poi ci sono quelle che riguardano la tutela del territorio, dell’ambiente, la questione meridionale etc…delle considerazioni a parte riguardano la ricerca, che andrebbe fatta, ma che senso ha sospendere i corsi di olivicoltura, sospendere tutti i servizi di controllo del territorio che una volta la regione faceva con i suoi agronomi e finanziare, invece, la ricerca sul superintensivo? ….

    RispondiElimina
  3. Mi sembra che il buon Tassielli non dia una soluzione. In Italia non si produce olio, lo volete capire o no?
    Bisogna rimboccarci le maniche e in qualche modo trovare una soluzione, altrimenti non ci lamentiamo dell'olio che arriva da chissà dove. Se il superintensivo rappresenta una possibile strada, senza deturpare il territorio e sostituire alberi, percorriamola. Siamo 20 anni dietro!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sig. Massimo M. relativamente al tema "superintensivo" mi sembra di essere stato abbastanza chiaro, se così non è, mi indichi in quali punti non sono stato chiaro......quanto al problema produzione,... importiamo tantissime olive da tavola quindi dovremmo rimediare anche a questo...e la frutta? anche la frutta importiamo, in grande quantità (uva pesche prugne...tutta roba che potremmo coltivare noi) e le mandorle? si, proprio le mandorle che coltivavamo e che abbiamo deciso di abbandonare per non dare fastidio alla California, da cui attualmente importiamo....di queste colture non si parla...solo per l'olio di oliva c'è questa urgente necessità di riequilibrare la bilancia commerciale chissà perchè...io dico che questa urgenza è solo strumentale per giustificare i traffici di olio di oliva che è un prodotto facile da sofisticare (cosa che non si può fare con la frutta).....e poi in cosa saremmo indietro ? nel non aver distrutto completamente il nostro patrimonio rurale? patrimonio che dovremmo tenerci stretto piuttosto...

      Elimina
  4. Cerco di essere più esplicito: non credo che tradizione, patrimonio rurale (muretti a secco , neviere, case rurali in pietra, agriturismo…) possano coesistere con il superintensivo. L’Italia deve lasciare ad altri l’agricoltura industriale,….e poi ….a me non sembra che la Spagna (vista come la nazione all’avanguardia nell’olivicoltura) possa dire di aver raggiunto chissà quali risultati, un paio di considerazioni: Deoleo è passata in mani inglesi, non tutta ma…, si dice che quest’anno l’olivicoltura italiana si è fatta cogliere impreparata…quella spagnola?...gli spagnoli hanno perso il 50% del prodotto…quindi. Il mondo moderno fa passare l’idea che tutto sia una necessità, in nome di questa necessità tutto è lecito anche distruggere l’ambiente e sminuire ciò che si ha (siamo al punto in cui diciamo “in Italia non si produce olio”)…….il terreno coltivabile è una risorsa limitata mettiamocelo in testa, impariamo ad usare con parsimonia quello che abbiamo, la nostra produzione di olio non può spingersi oltre certi limiti, esiste qualcosa che si chiama sostenibilità…

    RispondiElimina

IN EVIDENZA

Nasce Antico Podere Matesino, un'azienda giovane al passo coi tempi

È sempre un piacere scrivere di coraggio, di voglia di fare le cose, di non cullarsi sugli allori, di rischiare qualcosa per essere l...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...