Da dove arriva l'olio extravergine ricavato dalle olive

Lo sapete, la storia dell’albero di ulivo come quella dell’olio da olive mi affascina. Incuriosito, me ne sono occupato e voglio condividere con voi l’aspetto legato allo sviluppo della normativa del settore olio, ma vi anticipo che è davvero molto complessa. L’olio da olive ha sempre avuto una grossa rilevanza: nella mitologia, nell’antica Grecia, nel bacino del Mediterraneo, nell’antica Roma e dal Rinascimento ai giorni nostri. Così, data la sua centralità per le tante caratteristiche peculiari, è stato oggetto di particolare attenzione anche del legislatore, che già dal 1890 ha iniziato a regolamentarne l’uso.
  
La prima regolamentazione avvenne con il Regio Decreto Legge 7045. Si inizia ad affrontare il tema della qualità degli oli e dei grassi per uso alimentare. Il Regio decreto ad esempio vietava la vendita di grassi animali e vegetali irranciditi e imponeva che gli oli da olive miscelati con oli di semi o altra derivazione fossero commercializzati come “mescolanze” e non come olio di oliva.

Non c’era ancora una classificazione merceologica per gli oli estratti dalle olive ma già alla fine del XIX secolo si focalizzava l’attenzione sulla genuinità del prodotto e sulla tutela dello stesso. Tuttavia non trascorse molto tempo dalla prima classificazione, che avvenne nel 1908 con la Legge 136 del 5 aprile. In questo caso si faceva la sola distinzione fra gli oli di oliva genuini e gli oli di oliva miscelati, cioè quelli costituiti da una miscela di oli da olive con altri oli da seme o di altra derivazione.

Fu però il Regio Decreto Legge del 15 ottobre 1925 n. 2033 a riservare, con l’articolo 20, il nome di “olio” o di “olio di oliva” al prodotto della lavorazione dell'oliva (olea europea), senza aggiunta di sostanze estranee o di oli di altra natura. Il Decreto definiva anche come olio miscelato la miscela di olio di oliva ed altri oli vegetali quando questi ultimi non superavano il 50%, e come olio di semi le miscele nelle quali gli oli di oliva rappresentavano meno del 50% e, ovviamente, anche gli oli diversi da quelli di oliva. Il Regio Decreto consentiva anche la commercializzazione (per uso alimentare) degli oli di oliva “deodorati, disacidificati o comunque raffinati, purché non contengano sostanze estranee aggiunte per correggerne il colore od altro carattere”. Vietava però la vendita di oli di sansa, di oli rancidi o sensibilmente alterati o difettosi ed introduceva anche l’obbligo di comunicare per iscritto al Sindaco la volontà di commercializzare o produrre oli diversi da quelli di oliva.

Gli oli di sansa, tuttavia, ebbero il loro riscatto pochi mesi dopo, con il Regio Decreto del 1 luglio 1926 n. 1361, che appunto introduceva la possibilità d commercializzare anche oli estratti dalle sanse di oliva purché privi di sostanze estranee e di tracce di solventi eventualmente utilizzati. Dovevano essere commercializzati come oli di seconda lavorazione. Questo Decreto fu importante perché stabilì che gli oli commestibili posti in commercio non dovevano contenere più del 4% di acidità totale, espressa in acido oleico, e che non dovevano presentare cattivi odori (rancido, putrido, muffa etc.) all’esame organolettico. Già, l’esame organolettico, quello che ancora oggi si stenta a comprendere.

Il Regio Decreto Legge n. 2033 fu modificato dal Regio Decreto Legge n. 2316 del 30 dicembre 1929 e quest’ultimo vietava la preparazione e la commercializzazione di oli di oliva miscelati con altri oli vegetali commestibili e rendeva obbligatoria la dicitura olio di semi per tutti gli oli vegetali tranne per quelli di oliva. Il perché gli oli da seme commestibili dovevano essere addizionati con il 5% di olio di sesamo era (ed è) legata al fatto che la sua presenza, facilmente individuabile in laboratorio, rendeva molto difficile la sofisticazione dell’olio di oliva con un altro tipo di grassi e forse anche per l’alta concentrazione di acido oleico e linoleico (omega 3).

Anche la Legge n. 378 del 16 marzo 1931 modificò il Regio Decreto Legge n. 2033, o meglio, ne sostituì l’articolo 24 consentendo di commercializzare (ad uso commestibile) oli di oliva deodorati, disacidificati o comunque raffinati e l’olio di sansa, quest’ultimo doveva essere denominato olio di sansa commestibile e doveva contenere sempre il famoso 5% di olio di sesamo. La Legge 378 del 1931 fu poi abrogata dal Regio Decreto Legge n. 1986 del 27 settembre 1936.

La prima vera e propria classificazione ufficiale degli oli di oliva fu introdotta proprio con il Regio Decreto Legge n. 1986 del 27 settembre 1936, una svolta epocale. Nasce, in realtà, l’olio di oliva vergine. Dalla semplice distinzione fra gli oli di semi, gli oli di sansa commestibili e gli oli di oliva alla più complessa istituzione di varie tipologie di oli di oliva, differenziati dalla percentuale di acidità (vedi tabella A).

TABELLA A
Classificazione degli oli di oliva in base al Regio Decreto Legge 1986 del 27/09/1936



Il Regio Decreto vietava la commercializzazione di oli con denominazione diversa da quelle previste nella tabella  che ho riportato sopra.

L’olio extra vergine di oliva nasce però nell’anno 1960, il 13 novembre, con la Legge 1407. La classificazione degli oli di oliva venne nuovamente modificata  e comparve la denominazione “extra vergine”.

Sarebbe bello festeggiare ogni anno la nascita di questa denominazione, ancora vigente oggi, in concomitanza anche con l’olio da olive nuovo, per ricordare un po’ quella che può essere considerata una “svolta”, un segnale positivo, di ottimismo, segno che la qualità dell’olio è destinata alla continua evoluzione.

TABELLA B
Classificazione degli oli di oliva in base alla Legge 1407 del 13 novembre 1960



Dal 1965, inizia ad arrivare l’Europa e l’emanazione dei vari regolamenti che si sono susseguiti negli anni fino ad oggi. Ma noi ci fermiamo qui, nel ricordo di quella data, il 13 settembre 1960, quando nacque per la prima volta l’olio extra vergine di oliva.


di Vincenzo Nisio

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