L’olivagione è ancora una perfetta sconosciuta e le imprese olivicole devono fare il salto di qualità per potersi distinguere

E’ tempo di olivagione, i frutti sono pronti ma non tutti ne sono a conoscenza. Anzi, quasi nessuno se ne preoccupa ancora e solo adesso si inizia a prepararsi mentalmente per la raccolta dei frutti. Sono pochi quelli più lungimiranti, che tendono a produrre l’extravergine di alta qualità e che rispettano alcuni importanti comportamenti. Il metodo di raccolta, il grado di maturazione dei frutti, lo stato fitosanitario delle olive (frutto sano) sono solo alcuni dei fattori che influenzano maggiormente la qualità chimica e organolettica - quindi nutrizionale - dell’olio.

Il momento giusto
Ne abbiamo parlato  e riparlato ma ahimè, noto che ancora nessuno applica le buone regole per ottenere il massimo dai propri alberi, dalle proprie cultivar. Se si vuole ottenere il massimo della qualità le olive devono essere raccolte al momento dell’invaiatura, quando si verifica il maggiore accumulo di sostanze volatili, polifenoli e il maggiore accumulo in olio nella polpa. In passato l’abitudine era quella di raccogliere i frutti molto maturi, nei mesi di novembre o dicembre, soprattutto per la convinzione di ottenere una maggiore produzione di olio (resa alta). In realtà la maggiore resa in olio è solo un’apparenza in quanto dopo il periodo dell’inoliazione (accumulo in olio), che in Italia mediamente inizia ad agosto e finisce a novembre, inizia la disidratazione del frutto e quindi il rapporto fra peso totale ed olio estratto varia. Ovviamente l’accumulo in olio varia a seconda della cultivar di ulivo e pertanto bisognerebbe rispettare i tempi di raccolta a seconda della varietà.

Tranne qualche caso abbastanza isolato, tutti nel mio territorio producono oli tendenzialmente di buona qualità, ma dolci, a volte non extravergini e a volte anche lampanti. Questo per vari motivi, soprattutto legati alla cura e alla gestione degli alberi ma anche legati ai tempi di raccolta, al momento giusto appunto. Si inizia mediamente a fine ottobre e si finisce a novembre inoltrato, quando le olive sono probabilmente troppo mature. Che tipologia di olio si può ricavare da olive molto mature e magari anche con un leggero attacco di mosca? Ve lo dico io: un olio forse extravergine, dolce e con qualche piccolo difetto chimico e organolettico. Se poi vai a molire le olive in un frantoio che te le rovina, bè li hai fatto semplicemente un grosso guaio.

Sarebbe forse il caso di iniziare a comprendere che la raccolta, con le dovute verifiche, va anche anticipata all’esigenza e che tutti dobbiamo impegnarci ad ottenere oli di qualità elevata. Si può fare, la Tonda del Matese ha caratteristiche sorprendenti ma nessuno, o quasi, ne conosce le vere peculiarità perché non si è mai dato modo di farle conoscere al pubblico ed agli esperti. Produciamo buoni oli, per carità, con aziende che si differenziano e che si sono impegnate in percorso di qualità, ma non è abbastanza; dobbiamo credere di poterci confrontare con i grandi perché ne abbiamo la possibilità. I tempi sono cambiati, l’olio è cambiato, non è più quello della nonna, oggi è un prodotto che qualcuno chiama “farmalimento”, è un prodotto che deve avere determinate caratteristiche. Dobbiamo adeguarci al presente per vivere il futuro, se crediamo ancora nell’olivicoltura semi-abbandonata del nostro territorio. Per poterci distinguere però si deve produrre bene, di qualità, in maniera corretta. Ci si deve innovare, essere umili ed accettare anche qualche consiglio che non è in sintonia con le nozioni trasmesse dai genitori. Non credete?

di Vincenzo Nisio

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