L'olio non ha bisogno di essere salvato ma di essere capito


Chi non conosce la storia non può capire l'oggi.

È del tutto evidente che chi non vive nei campi, non conosce la storia dei luoghi, che ignora la meraviglia di un territorio, il sacrificio di chi ci si consuma dentro per mantenere pulito un paesaggio olivetato, alla fine lavora esclusivamente per i propri interessi. 

Lo abbiamo fatto anche noi occidentali in nome di una democrazia con altri popoli, volevamo “salvarli” imponendo il nostro stile di vita uniformando la loro cultura, le loro tradizioni, il loro essere in qualche modo diversi, a noi. E oggi c'è qualcuno che vuole "salvare" il comparto olivicolo italiano uniformando la nostra peculiare produzione a quella di un mondo che non ci appartiene, che non appartiene all'Italia, alla nostra biodiversità, al nostro modo di essere contadini e di saper raccontare quel maledetto prodotto che mettiamo nella bottiglia.

Stiamo resistendo da anni, tantissimi produttori si sono fatti strada da soli coadiuvati da ottimi professionisti del settore nutriti soprattutto da grande amore e passione per l'extravergine di qualità, comunicando la loro autenticità, il proprio extravergine, la propria terra, la propria storia, la propria famiglia, le loro olive, una per una.

Ci sono progetti finanziati dalla Comunità Europea (vedi Reg.CE 611/2014), gestiti da organizzazioni agricole, che erogano tantissime risorse economiche a favore delle imprese olivicole attraverso una specifica consulenza professionale, per migliorare e tutelare la qualità del prodotto, del paesaggio olivicolo, dell’autenticità dei territori e quant’altro. Insomma, per migliorare le condizioni complessive delle imprese olivicole e favorire un maggiore ricavo economico. E poi? Ma chi se ne frega se qualcuno solo per i propri interessi vuole commercializzare olio italiano miscelato con il resto del mondo, chi se ne frega se il prezzo stabilito è di soli 4,3 euro al chilogrammo o giù di lì, chi se ne frega se per dimostrare di aver commercializzato un po' d’olio italiano ci uniformiamo al resto del mondo.

Sono felicemente convito che chi ha intrapreso un percorso di qualità è estremamente consapevole di poter e dover continuare per quella strada, che tra l’altro offre grandi soddisfazioni. Il mondo dell’olio buono, quello autentico, è in forte crescita, sta iniziando a funzionare bene, e i produttori andranno avanti per la propria strada. Chi ha voluto l’accordo di filiera che vorrebbe miscelare l’olio italiano a quello comunitario ed extracomunitario, dunque, è arrivato tardi e non fa paura. Perché questa meravigliosa Italia, fatta di produttori che operano in silenzio e che hanno fatto un grande lavoro sommerso in questi ultimi anni insieme a tanti professionisti, ha “convinto” tantissimi consumatori, ristoratori, appassionati a scegliere prodotti di alta qualità, prodotti certificati e soprattutto extravergini diversi. Questa meravigliosa Italia, parallelamente alle grandi lobby, ha saputo raccontare e inculcare, nel frattempo, a tutti, il valore invisibile dell’olio autentico, che io stesso ho raccontato in un articolo qualche tempo fa. Perciò nessuno può più fermare questa onda positiva che certamente ha bisogno ancora di grande sostegno, ma che non può essere azzerata della sua autenticità, della sua diversità.

Avviamo percorsi di comunicazione seri, impiantiamo nuovi olivi e favoriamo l’olivicoltura sana, continuiamo ad investire sulla cultura del prodotto e investiamo i soldi sui progetti fruttuosi. Non occorre altro, il patrimonio olivicolo italiano è unico al mondo.

L’olio non ha bisogno di salvezza ma ha bisogno di essere capito, non di essere svenduto.


di Vincenzo Nisio - tutti i diritti riservati


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