La nascita dell’agricoltura, avvenuta circa 10.000
anni fa, ha permesso il più grande balzo in avanti dell’umanità sino alla
Rivoluzione Industriale del XIX secolo. Gli uomini erano totalmente dipendenti
dalla natura, fino a quando con la coltivazione delle piante e la
domesticazione degli animali, si liberarono e furono in grado di controllare –
almeno in parte – la produzione del cibo. Iniziò così il processo di
costruzione della civiltà che ha caratterizzato la storia umana.
Nella
preistoria la Terra fu poco abitata e l’uomo ebbe ampi spazi a disposizione che
gli avrebbero consentito di trascorrere una esistenza solitaria, egli invece
preferì instaurare rapporti con altri
individui della sua specie soprattutto per esigenze alimentari. La caccia degli animali di grossa taglia ad
esempio, imponeva uno sforzo collettivo e richiedevano organizzazione sociale. Si instituì così anche la divisione dei compiti: gli uomini si
occupavano della caccia e le donne raccoglievano i frutti, le piante e le
radici. Anche l’allevamento dei figli richiedeva cure particolari che, in
genere, furono assolte dalle donne.
La prima
regione in cui è stata documentata un’attività agricola è la Mesopotamia, cioè la Terra fra i due
fiumi: il Tigri e l’Eufrate, corrispondente all’attuale
Iraq. L’agricoltura fu scoperta successivamente e in modo indipendente anche dalle
popolazioni che si stabilirono in Cina, lungo la valle del Fiume Giallo, e sugli altipiani del Messico, nell’America centrale. Fu il frumento la prima pianta coltivata, proprio in Mesopotamia, più di
10.000 anni fa e non a caso essa è rimasta alla base dell’alimentazione di
molte popolazioni nel mondo. Altre graminacee vennero qualche tempo dopo, come
l’orzo e il miglio (sempre nell’area medio-orientale), il riso (Cina), il mais
(America centrale). In epoche molto remote iniziò anche la coltivazione di
altre piante, diffuse ancora oggi: la zucca, la patata, e i fagioli in America e l’ulivo, la vite, il fico e il
mandorlo nell’area del Mediterraneo.
La vite selvatica suscitò grande
interesse nelle popolazioni Neolitiche, soprattutto per l’alimentazione. Cosa
che invece non si rileva per l’ulivo,
che seppure era presente e conosciuto dalle comunità Neolitiche non ebbe alcun
valore alimentare e sembra proprio che questo fu dovuto ai suoi frutti amari e
sgradevoli. Già nel Mesolitico gli uomini raccoglievano queste piante e se
ne nutrivano, ma a partire dal Neolitico impararono a coltivarle ed in
particolare pare che furono proprio le donne a scoprire il segreto della semina
ed a elaborare le tecniche dell’agricoltura. Mentre gli uomini cacciavano,
esse, infatti, si dedicavano alla raccolta dei frutti e delle piante
commestibili. Così, probabilmente, durante qualche sosta, alcuni semi caddero e
germogliarono. Le donne osservarono tale fenomeno e lo riprodussero.
Per molto
tempo l’agricoltura era associata al nomadismo, non si conosceva infatti la
possibilità di rifertilizzare il terreno
dopo un lungo sfruttamento e i campi venivano per questo abbandonati. La scoperta
che un incendio rendeva un campo più fecondo (grazie alla cenere) e che anche
lo sterco animale serviva allo stesso scopo permise all’uomo di fissarsi stabilmente in un luogo. Da
qui si iniziarono a costruire attrezzi come la zappa e le prime falci
per la mietitura: realizzate con denti di selce, una pietra molto dura e posti
su un manico di osso o di legno, oppure collegati ad una mandibola di animale.
Nel
Neolitico, grazie alla scoperta dell’agricoltura, le comunità primitive
iniziarono – come detto – ad abbandonare in nomadismo e a scegliere la vita sedentaria. Da questo cambiamento
ci furono notevoli vantaggi per la specie umana. Tale stabilità consentì infatti
di allevare i figli senza sottoporli ai rischi della vita nomade e questo
determinò una diminuzione della
mortalità infantile, inoltre consentì di accumulare riserve alimentari
riducendo i rischi derivanti dalla carenza di cibo che seguiva le cacce
sfortunate ed infine consentì di progredire nella creazione di utensili e
attrezzi che, non costituendo più un peso, poterono essere costruiti in grande
quantità e in forme più articolate. Naturalmente ci furono anche aspetti
negativi, ma ve ne parlerò prossimamente.
Biblografia
Enrico B. Stumpo – Silvia Cardini –
Francesco Onorato, Le parole della Storia, Le Monnier
di Vincenzo Nisio - tutti i diritti riservati
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