Quanto si legge nella comunicazione del 28 giugno 2018 a firma del
direttore generale Stefano Firpo, rivolta al Ministero della Salute e al
Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, è sconcertante, proprio da cadere le braccia a terra. Si
propone, in sostanza, una modifica per l’introduzione del divieto di vendita al
consumatore delle bottiglie con dispositivo antirabbocco negli esercizi
commerciali, e non manca la solita sanzione.
Nel documento si legge: «Il
verificarsi di numerosi incidenti collegati all’uso di bottiglie con tappo
antirabbocco, occorsi presumibilmente anche in presenza di apposite avvertenze,
portano a concludere che questa tipologia di tappi non sia sicura per l’uso da
parte del consumatore finale, se non nell’ambito dei servizi offerti dalle
collettività, come previsto dalla legge n. 9/2013».
E ancora: «In assenza di una disposizione
sanzionatoria della violazione delle disposizioni di cui all’art. 7, comma 2
della legge 14 gennaio 2013 n. 9 si potrebbe proporre una modifica del medesimo
articolo che preveda l’esplicito divieto di vendita al consumatore negli
esercizi commerciali ed una sanzione per la violazione di tale divieto,
associata alla violazione complessiva delle disposizioni dell’art. 7, comma 2
delle citata legge n. 9/2013.»
Tutto è partito dall’Associazione Italiana Industrie Prodotti
Alimentari (AIIPA) che ha inviato una segnalazione sulla pericolosità dell’uso
improprio del tappo antirabbocco. Ora, non voglio personalmente entrare nel
merito della questione “pericolosità” del tappo – che francamente mi sembra una
cretinata – ma quantomeno sulla logica applicata dalle istituzioni nella
gestione delle norme. Cioè, prima si impone l’uso del tappo antirabbocco e poi
lo si vieta! E comunque, vogliamo considerare il danno provocato di nuovo alle
aziende che si devono riorganizzare dopo il grande sforzo, soprattutto
economico, per adeguarsi all’utilizzo del tappo anti riempimento? Insomma,
raggiunto un equilibrio questo deve essere rotto, perché nel destino dell’olio
non deve trovarsi pace. Mentre i problemi reali del comparto possono aspettare,
di quelli ce ne preoccuperemo con i tempi biblici con i quali noi italiani
siamo ormai abituati.
Le cose inutili, ora saremo per mesi a parlare del “tappo si” “tappo no”,
credendo il consumatore un emerito imbecille incapace di percepire la minima
presunta pericolosità di un tappo di chiusura. Spero che questa faccenda si
chiuda qui e nel frattempo si inizi a pensare a qualcosa di concreto, di nuovo.
di Vincenzo Nisio - tutti i diritti riservati
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