Se vogliamo guardare avanti e sognare un Paese all’avanguardia dobbiamo
innovarci. Puntare sull’olivicoltura però, non significa chiacchierare di
olivicoltura ed autoproclamarci i migliori del mondo. Anche perché i numeri non
dicono nulla a nostro favore, anzi, ci vedono costretti a ricorrere al
rifornimento da altri paesi per soddisfare le esigenze del nostro. E il grande
paradosso sta anche nel fatto che ci si lamenta della produzione che arriva
dall’estero a discapito del “made in Italy”. Ma di cosa ci lamentiamo se noi
italiani produciamo meno della metà dell’olio che consumiamo? Direi, piuttosto:
meno male che ci sono gli altri paesi che ci sfamano d’olio, altrimenti
resteremmo senza dopo pochi mesi. Meno male che c’è chi ha investito prima di
noi. La scorsa annata ci ha fatto riflettere, ha evidenziato e marcato le
carenze del nostro Paese, non solo in termini di produzione ma anche come costo
di produzione. Siamo uno dei paesi (o forse il primo) con il più alto costo di
produzione al mondo.
Ma noi siamo anche il paese dall’inconsueto fascino paesaggistico, delle inconsuete tradizioni e questo, è un grande valore che in parte va a ripagare questa mancanza e che certamente va salvaguardato e difeso. Va tenuto conto della parcellizzazione delle nostre imprese olivicole che inevitabilmente, anch’essa, ha contribuito al raggiungimento di questa difficile condizione. Fatto sta che se avessimo almeno provato a cogliere le opportunità della modernizzazione e dell’innovazione forse avremmo fatto qualche passo avanti.
Ma noi siamo anche il paese dall’inconsueto fascino paesaggistico, delle inconsuete tradizioni e questo, è un grande valore che in parte va a ripagare questa mancanza e che certamente va salvaguardato e difeso. Va tenuto conto della parcellizzazione delle nostre imprese olivicole che inevitabilmente, anch’essa, ha contribuito al raggiungimento di questa difficile condizione. Fatto sta che se avessimo almeno provato a cogliere le opportunità della modernizzazione e dell’innovazione forse avremmo fatto qualche passo avanti.
Speriamo che il nuovo PON (piano olivicolo nazionale) possa contribuire
all’innovazione, alla modernizzazione dell’olivicoltura italiana, che possa
aprire al dibattito sul sistema di allevamento intensivo e superintensivo. Sono
certo – personalmente – che si possa trovare una strada idonea per la crescita
ma nel rispetto della nostra tradizione, senza stravolgere nulla ma trovando un
modello produttivo capace di rendere competitive le nostre imprese anche e
soprattutto nella qualità dell’olio prodotto. Non pensate che con gli impianti
intensivi o superintensivi non si possa fare qualità e non si possano ottenere
extravergini competitivi da punto di vista nutrizionale, è stato ampiamente
dimostrato con degustazioni di oli ottenuti con metodi di estrazione diversi
che la qualità, volendo, si ottiene sempre.
Nessun commento:
Posta un commento