Ogni volta che, oggi, lo sguardo di un visitatore casuale, così come
quello di un abituale residente, si poggia sui profili del Monte Cila o del Monte Muto,
ovvero due dei tre colli che sovrastano l’abitato di Piedimonte Matese,
l’attenzione viene attratta, in automatico, come da una grande ferita simile
del tutto a una bruciatura, un’abrasione, un eczema. In effetti, lo
squarcio che colpisce l’occhio dell’osservatore è effettivamente quello di una
“bruciatura”, vale a dire l’effetto scaturito dai violenti incendi che la
scorsa estate interessarono i due siti in questione. Ora, è un dato di
fatto che ogni qual volta bruci un bosco, una pineta o una riserva di macchia
mediterranea, si è di fronte a un disastro, a uno sconvolgimento di un piccolo
ecosistema, ma quel che lascia porre più di un interrogativo è che i due siti
in questione, ovvero il Monte Cila e il Monte Muto, divengono troppo spesso,
quasi a intervalli regolari, obiettivi, bersagli
più che altro, del “presunto” piromane di turno. Almeno, questa è l’accusa che
ogni volta viene lanciata “tra le fiamme”, salvo spegnersi e dissolversi il
giorno dopo.
Certo, sorprende che, al di là dell’intervento - tempestivo o meno
tempestivo - di Vigili del Fuoco, Corpo Forestale e Protezione civile, due aree
naturalistiche di grosso pregio, per di più parte integrante di una zona
protetta, pur se situate agli estremi confini della stessa, non meritino un’indagine,
un’inchiesta, un interessamento istituzionale o politico, sia prima che dopo un
evento devastante come un incendio. Se il Monte Cila costituisce la più antica radice delle odierne
cittadine di Alife e di Piedimonte, il Monte Muto rappresenta il luogo mistico per eccellenza, con il suo
tratturo secolare che conduce ai conventi francescani fondati da Giovan
Giuseppe della Croce.
Che tristezza dover constatare che mentre la politica ancora insegue
improbabili e impercorribili obiettivi di “valorizzazione” delle risorse
naturalistiche e ambientali, la realtà dei fatti sia assolutamente opposta a
tale sciatto, inconcludente, incompetente approccio della stessa politica ad
una seria progettazione di sviluppo e di salvaguardia del patrimonio
ambientale, culturale, paesaggistico.
La gamma degli esempi è vastissima, il Monte Cila e il Monte Muto ne
sono preziosa testimonianza specie per quel che riguarda la presenza di uliveti
e di macchia mediterranea. Uliveti che
un tempo rappresentavano per i contadini una risorsa e una ricchezza
ineguagliabile. Proprio dalla cura di quei terreni
e dall'attenzione posta dall'uomo al suo ambiente naturale,
aree di grande pregio come il Monte Cila sono state salvaguardate per
millenni, nonostante la notoria povertà di mezzi, di attrezzature, di studi
scientifici e di risorse economiche. Ora che invece
viviamo nell'epoca opulenta (sì, opulenta) dei cospicui finanziamenti
europei, tradotti in Piani territoriali integrati, piani integrati rurali
delle aree protette e via elencando, siamo in grado di realizzare parchi
archeologici (come, appunto, quello del Monte Cila), ma poi lasciamo uliveti e
“murelle” in balia del tempo, dell’incuria, dell’abbandono e…dei piromani.
Val la pena insistere: che
tristezza! Sì, che tristezza vedere depauperato un sito come il Monte Cila, un
tempo verdeggiante e lussureggiante uliveto, per far posto alla inconcludenza
programmatica di amministrazioni comunali, enti sovracomunali, eccetera,
eccetera, eccetera. Eppure, la forza suggestiva di quel paesaggio ha
rappresentato, da sempre, la sola fonte di ricchezza di un territorio vasto e
variegato come il Matese. La ricchezza
che ha ispirato artisti, poeti, scrittori. La ricchezza che ha attratto
investitori creativi e danarosi, come lo svizzero Gian Giacomo Egg.
di Gianfrancesco D'Andrea - tutti i diritti riservati
Sono 50 anni che si predica, si fanno incontri, divulgazioni, sagre, e vedi sempre le stesse facce contente e sorridenti, fiere di aver compiuto chissà che cosa. Il nostro territorio e la nostra agricoltura sono fallimentari, grazie a quelle facce. Quello che scrivi è esatto ma vedo poche speranze personalmente.
RispondiEliminaCordialmente,
Alessandro
Infatti, la politica sciatta, che insegue imperterrita percorsi di valorizzazione, spesso inutili e infondati. Ma ci chiediamo perché? Io lo so e anche voi. L'articolo lascia perplessi a riflettere su quanto si faccia per quel bel paesino, Piedimonte, e per quanto invece si possa fare, quanto possa esprimere davvero. Io ci vengo spesso li, mi piace respirare il centro come le montagne, ma anche il silenzio dirompente. Mi complimento altresì con voi giovani che utilizzate strumenti innovativi per dire queste cose anche un po' scottanti, che spesso si nutrono di un silenzio assurdo. In bocca al lupo.
RispondiEliminaLucio