E’ strettamente ovvio che tutti desideriamo e cerchiamo solo
la massima qualità. Non solo per l’olio di oliva ma anche per altri tanti
prodotti, tutti direi. C’è da fare un esempio però: il Barolo non è un
Tavernello, tutti lo sanno, ma sono entrambi dei vini. Il punto è che quando
hai la capacità economica di acquistare il Barolo lo fai, altrimenti ripieghi
sul Tavernello.
Precisazione: non
confondersi con gli oli di oliva,
come vedete manca la parola vergine, questo perché l’olio di oliva nasce come
olio vergine lampante (cioè non commestibile), con acidità libera superiore a 2
grammi per 100 grammi, ma viene rettificato in raffineria per renderlo commestibile.
Questa tipologia di olio subisce alcuni trattamenti, viene purificato e vengono
eliminati i difetti organolettici, dopodiché viene mescolato con dell’olio
vergine di oliva assumendo la categoria commerciale di “olio di oliva”. In
etichetta viene indicata la dicitura “composto di olio di oliva raffinato e
olio di oliva vergine”. L’acidità libera, espressa in acido oleico, non è
superiore a 1 grammo per 100 grammi.
Quando ne vedo qualche bottiglia, come in questo caso nella
foto, mi sorprendo positivamente, perché c’è qualche azienda che lo valorizza,
senza problemi, con dignità. Può capitare che un anno non si riesce a produrre
tutto extra vergine, per un forte attacco di mosca per esempio. E allora? Che
si fa? Lo buttiamo?
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